Dei 67.633 codici identificativi (CIN) rilasciati in Toscana al 21 luglio 2025, solo 16.854 fanno capo a imprese ricettive con partita Iva: appena il 25%
Il restante 75% è rappresentato da locazioni turistiche e B&B non professionali. “ È la fotografia di un cambiamento strutturale, che sembra spostare il baricentro del turismo dalla produzione di valore alla semplice rendita – spiega il direttore di Confcommercio Toscana Franco Marinoni – con il Cin è finalmente emerso quel sottobosco di offerta ricettiva che per anni è rimasto latente. Adesso abbiamo l’opportunità di governarlo, per non compromettere le performance delle imprese, che sono le uniche a garantire ricchezza e occupazione qualificata sul territorio, proventi all’erario e ai clienti i necessari standard di qualità, sicurezza e servizi”.

Ma non è solo questione di concorrenza asimmetrica, tra imprese tradizionali che sostengono costi elevati e affitti brevi che operano con costi minimi e cedolare secca, creando una competizione percepita come “sleale”. Secondo Confcommercio Toscana, l’eccessiva frammentazione dell’offerta impedisce una strategia turistica unitaria, rallenta l’innovazione e svuota i centri abitati, visto che l’enorme redditività degli affitti brevi sottrae alloggi al mercato residenziale, alimentando spopolamento e disagio abitativo.
“Viene da chiedersi se in Italia il turismo sia considerata un’impresa o no ”, prosegue Marinoni, che dalla provocazione passa alla richiesta: “se vogliamo puntare su questo settore economico in maniera scientifica, il governo deve intervenire con urgenza per regolamentare le locazioni turistiche, oggi normate solo dal Codice civile, e fornire ai Comuni strumenti urbanistici per arginarne l’espansione incontrollata”.
“Il Codice Civile – spiega Marinoni – permette giustamente a ogni cittadino di disporre del proprio immobile come meglio crede, ma gli affitti turistici non possono restare fuori da ogni regola. E poi, se il cittadino ha la necessità di ricorrere ad un’economia passiva di pura rendita per integrare il reddito, è evidente che ci sia un problema da risolvere. Ma il turismo non può diventare la soluzione al welfare”.
Quale il rischio se non si affronta la questione? “ Proseguire così significa rinunciare a un modello di sviluppo turistico sostenibile, equo e competitivo – dice il direttore di Confcommercio Toscana – Significa impoverire il tessuto economico e minare l’identità delle comunità locali. Ma anche mettere a rischio la qualità dell’offerta. Piccoli, divisi, disorganizzati: avremo lo stesso appeal per il turismo internazionale?”
“Quando il turismo diventa economia della rendita immobiliare e non impresa attiva, si riduce infatti la ricchezza condivisa. Siamo di fronte ad una scelta: accettare questa deriva frammentata o promuovere un turismo imprenditoriale, regolato e professionale, che generi valore, posti di lavoro stabili e qualità per i visitatori e i residenti. Da non dimenticare poi che spesso le offerte di locazioni brevi sono veicolate su piattaforme internazionali e riescono ad eludere il fisco, indirizzando parte consistente dei proventi fuori dal nostro paese”.