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Made in USA: criteri e linee guida applicate dalla Federal Trade Commission e i rischi per le imprese

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Negli Stati Uniti, le imprese straniere utilizzano frequentemente la dichiarazione “Made in USA” come strumento di marketing per attrare i consumatori domestici ad acquistare i prodotti che sono realizzati, in tutto o in parte, sul territorio statunitense

Sotto un profilo normativo, tale dichiarazione – che può essere resa sia in forma qualificata (ovvero in assenza di indicazioni ulteriori), che in forma non qualificata – consiste in un vero e proprio claim, disciplinato principalmente a livello federale e soggetto al controllo della Federal Trade Commission (FTC), ossia l’agenzia federale preposta alla tutela dei consumatori ed alla regolamentazione delle pratiche commerciali scorrette o ingannevoli. Ogni claim, infatti, essendo suscettibile di ingenerare confusione nel pubblico dei consumatori e di alterare la libera concorrenza, deve essere veritiero e coerente rispetto alla fattispecie concreta.

Made in USA: criteri e linee guida applicate dalla Federal Trade Commission e i rischi per le imprese
Avv. Rosalie Anne Proto

Le dichiarazioni “Made in USA” possono essere esplicite, qualora menzionino espressamente l’origine statunitense del prodotto (ad es. “Made in USA” o “Our products are American made”), oppure implicite, laddove richiamino indirettamente la relativa origine da sole o in combinazione con altre frasi o immagini, generalmente mediante l’uso di simboli o riferimenti geografici (ad es. la bandiera statunitense). In entrambi i casi, l’utilizzo del claim “Made in USA”, in forma qualificata o non qualificata, non richiede l’autorizzazione preventiva da parte della FTC; di conseguenza, un’impresa può, in linea di principio, utilizzare qualsiasi dichiarazione purché sia coerente e veritiera. Ciò nondimeno, avvalersi di un claim inesatto o fuorviante può dare luogo ad un iter sanzionatorio che varia a seconda della gravità, della durata e dell’eventuale reiterazione della condotta contestata.

Made in USA: criteri e linee guida applicate dalla Federal Trade Commission e i rischi per le imprese
Avv. Daniele Ferretti

In particolare: in caso di prima contestazione, la FTC trasmette una lettera di richiamo ( cease and desist letter ), con la quale invita l’impresa a cessare l’uso del claim non conforme o a fornire prove della sua veridicità; se l’azienda si adegua spontaneamente, la FTC resta legittimata a diffondere un comunicato ufficiale circa il provvedimento adottato, che determina generalmente ingenti danni reputazionali a carico dell’impresa interessata; e laddove la violazione sia reiterata, l’impresa dichiarante è soggetta a sanzioni pecuniarie civili e – nei casi più gravi o persistenti – all’apertura di procedimenti penali, che possono portare anche all’applicazione di pene detentive nei confronti degli organi amministrativi aziendali.
Oltre agli aspetti sanzionatori sopra menzionati, è necessario considerare i danni reputazionali che possono discendere da un claim non conforme, nonché l’apertura di procedure di richiamo del prodotto.

Sebbene il claim “Made in USA” rappresenti, dunque, uno strumento di competitività per le imprese straniere – essendo gli statunitensi più propensi ad acquistare prodotti domestici che stranieri, soprattutto in ambito industriale – il relativo utilizzo improprio può esporre l’azienda a rischi ingenti. È essenziale, dunque, che le imprese italiane che intendano valorizzare l’origine americana, in tutto o in parte, dei propri prodotti, si avvalgano di una consulenza legale preventiva qualificata, al fine di mitigare i rischi di possibili contestazioni, tutelando così la reputazione e la credibilità del proprio marchio sul mercato statunitense.

Articolo a firma di: Avv. Daniele Ferretti, Attorney-at-Law, abilitato in Italia e nello Stato di New York e Avv. Rosalie Anne Proto, abilitata in Italia.

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