È importante saper far crescere le piante sane, ma è anche importante disegnare un giardino che duri nel tempo. Per farlo devi scegliere le piante adatte a crescere e durare nel tempo, devi conoscere l’ambiente, il terreno, il clima del posto dove realizzerai il tuo giardino. Molte volte mi sono trovato in difficoltà con architetti paesaggisti che pretendevano di usare piante non adatte a quel luogo.
Oggi non possiamo essere solo vivaisti, giardinieri, paesaggisti ma, appunto, giardinisti».
Dici di credere nella “cultura del verde”. Cosa intendi?
«Grazie al Rinascimento e al giardino all’italiana siamo stati in grado di condizionare per secoli usi e gusti del verde pubblico e privato.
Poi, dopo la seconda guerra mondiale c’è stato il boom economico e l’urbanizzazione ha messo da una parte il verde tanto che a inizio a anni ‘80 era diventato un ornamento, una spesa eccessiva per le pubbliche amministrazioni, quindi non indispensabile.
Nel contempo è aumentato l’interesse per il giardino privato. Oggi, noi vivaisti stiamo cercando di risollevarlo, riqualificarlo, sostenerlo soprattutto per quanto riguarda il verde pubblico.
In città i giardini li vedi più facilmente realizzati nelle rotonde, anziché dove realmente potrebbero essere fruiti dalla popolazione. Se poi vai in periferia la situazione è angosciante: agglomerati urbani di cemento e pochissimo verde. Il problema è sempre il solito: le istituzioni non hanno soldi, continuano a pensare che il verde sia solo decorativo. Negli Stati Uniti sanno che piantando un albero nei suoi 40, 50 e più anni di vita urbana (la durata può variare da specie a specie) non potrà che produrre effetti positivi. L’ente pubblico, dunque, deve riuscire a vedere la piantagione del verde come un investimento per migliorare la qualità della vita. Uno stile di vita migliore riduce le malattie, soprattutto quelle croniche. Quante volte abbiamo detto “vorrei vivere in campagna”. Possiamo farlo stando in città. Poi ci sono i benefici economici.
Le case nelle zone dove c’è il verde valgono fino al 15% in più. Le strade, i marciapiedi hanno una durata maggiore perché meno esposti alle intemperie.
Diminuiscono le malattie ma anche il disagio sociale. Il problema è che la nostra politica non guarda oltre il limite temporale della sua legislatura e ogni volta è un iniziare daccapo e il verde, per i tempi che ha, necessita di progetti di ampio respiro».
Manca la cultura del verde, quindi. Come fare per farla rinascere?
«Bisogna affidarsi ai bambini. I bambini sono delle spugne, lo sappiamo, e quando parli loro di cultura del verde, riesci a renderli partecipi dei benefici straordinari che ci donano le piante, di come le piante siano legate alla nostra vita, i loro occhi si illuminano.
Cos’è un giovane virgulto se non un bambino? Sono simili. Da anni sono invitato nelle scuole elementari per parlare delle piante ai ragazzi. Dopo avergli spiegato cos’è una pianta e come vive paragono la loro classe ad un giardino. Che differenza c’è tra un bosco e un giardino? Che il bosco cresce selvaggio, senza regole mentre un giardino è seguito dal giardiniere che lo cura. È un maestro con una classe di bambini, dico loro. Segue chi è rimasto più indietro, incentiva allo studio quelli un po’ svogliati, sostiene quelli che sono più attivi che poi sono in grado di trainare gli altri. Succede lo stesso nel giardino: c’è la pianta che tende a prevaricare, perché ha una crescita più veloce delle altre, quella che, invece, ha bisogno di più nutrienti per crescere. La bravura del maestro, del giardiniere, è far crescere il suo giardino rigoglioso e armonioso, farlo crescere insieme. Se sarà bravo sarà una buona classe, sarà un bellissimo giardino, sarà una società “buona”».