

Intervista a Steve Luccisano, presidente Giovani Imprenditori Confindustria
Il presidente toscano del gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Steve Luccisano ci racconta chi sono i nuovi leader aziendali, come riescono investire con successo nelle loro idee e come vede il futuro dell’imprenditoria italiana
Parola d’ordine «provarci» e il consiglio che segue è «ponderare le scelte».
Parte da qui la riflessione del presidente del gruppo Giovani Imprenditori toscani di Confindustria Steve Luccisano che dalla sede della sua società, la Macoev di Prato, ci profila un identikit molto dettagliato della nuova generazione di “folli” che investono in se stessi e nel territorio.
Chi sono i giovani imprenditori oggi?
«Per alcuni non è sempre semplice subire o cavalcare il distacco dalla storia di famiglia e prendere le redini di aziende che fatturano anche mezzo miliardo di euro o hanno 2000 dipendenti. Ma spesso ci confrontiamo proprio su argomenti come quello della cultura di impresa, per stimolare anche i più giovani a intraprendere la carriera imprenditoriale. Se avessi avuto un movimento dei giovani che mi avesse supportato o mostrato come si porta avanti un’azienda, che spesso non è quello che si legge sui giornali o si vede su instagram, probabilmente avrei fatto scelte più consapevoli anch’io».
E nel fare impresa quanto incide la formazione?
«In Toscana c’è Orienta-To un evento saltato nel 2020 ma a cui stiamo lavorando per un grande 2021. Si tratta di un programma rivolto ai giovani che devono scegliere il percorso post diploma. Molte delle domande dei nostri ragazzi sono proprio su quali siano le figure professionali che oggi sono richieste perché il problema è la grande distanza che c’è in questo momento tra l’industria e la formazione teorica».
E l’alternanza scuola-lavoro?
«Sta vivendo una fase non semplice, ma spesso essa viene percepita come manovalanza a costo zero: come se un ragazzo di 17 anni potesse essere messo in produzione in un’azienda come la mia, che lavora con Gucci. Ma l’intenzione del ministero dell’istruzione di abbassare il diploma a 17 anni potrebbe avere un senso».
Quali politiche possono essere intraprese in quel senso?
«Uscire prima da un diploma aiuta ad avere più tempo per sbagliare, perché gli sbagli si fanno comunque. Ma se non prendiamo seriamente la questione dell’orientamento il problema non si risolve. Forse i ragazzi andrebbero educati a fare delle scelte, mentre la sensazione è che spesso invece le subiscano. Vanno dati loro gli strumenti per prendere le decisioni. Inoltre non ci sono adeguati piani di studi dell’università. Ad esempio l’Università di Firenze non partorisce profili informatici al passo con i tempi. Dobbiamo valutare un metodo nel caso che qualcuno possa sbagliare. Perchè a 13 anni, alla fine delle medie, uno può anche sbagliare a scegliere un possibile futuro».

E prima di fondare Macoev, di cosa si occupava?
Quanto è importante il cuore nel lavoro?
«Estremamente importante perché il cuore del design thinking è l’empatia. Quando si progetta, lo si fa sempre per le persone e quindi ci dobbiamo immedesimare negli altri che poi devono usare il nostro strumento».
MACOEV è un solution provider per l’era digitale. Studia le opportunità offerte dalla tecnologia per l’industria 4.0,
l’ottimizzazione del business e la progettazione di esperienze digitali efficaci
Un consiglio a chi vorrebbe fare impresa?
«Può sembrare banale e scontato ma quello che è importante è sempre provarci. La paura di fallire è tipica italiana così come a volte guardare a sogni di magnificenza. Ci vuole sempre un grande equilibrio per fare scelte ponderate anche perchè quello che è grande oggi è nato di certo piccolo e spesso in un garage. E poi buttarsi, ma sempre con un piano. Spesso nei giovani manca un po’ di consapevolezza su quello che succede dopo aver avuto l’idea».
E cosa vorrebbe per il futuro dell’imprenditoria italiana?
«Noi ci stiamo impegnando con dei debiti per il prossimo mezzo secolo senza tener conto e interpellare chi questi debiti li dovrà pagare, che non saranno le persone che oggi hanno 50 o 60 anni. Ci vorrebbe un coinvolgimento maggiore dei giovani imprenditori nelle decisioni. Spero che si possa cementare un po’ più il dialogo con Roma. E spero che i giovani le donne e il digital siano i temi su cui si possa intraprendere un dialogo a breve».
