È molto più probabile che dica: non lo so. E questo perché a meno di possedere un “talento eccezionale” per qualcosa che mostra a chiare lettere quale è il futuro, la scuola non fornisce indicazioni molto utili allo scopo.
Manca, in Italia, una vera e propria “educazione all’imprenditorialità”.
Con questa mission, nel 1993, nasce ARTES, l’Associazione Toscana Ricerca e Studio. Fortemente voluta da un gruppo di professionisti, docenti universitari e imprenditori toscani, ARTES si propone “di contribuire all’aggiornamento e alla promozione dell’uomo nell’ambito dei rapporti tra cultura e lavoro, intesi quali componenti attivi del progresso civile”. Tra le sue missioni quella di accompagnare i giovani durante la vita scolastica, universitaria e nella formazione professionale, fino all’inserimento nel mondo del lavoro. Come? Attraverso programmi formativi e progetti, visite aziendali, diffusione della conoscenza del tessuto imprenditoriale locale.
«ARTES prova a traghettare i giovani dalla realtà scolastica a quella lavorativa
– ci spiega il suo presidente Alfredo Coltelli – li accompagna verso una prima idea di impresa e soprattutto cerca di diffondere una cultura di impresa fondata sull’etica». Una cultura di impresa che nella stragrande maggioranza dei casi manca o è rappresentata da una serie di pregiudizi sconfortanti, che contribuiscono a tenere i giovani ancora più distanti da questo mondo.
«I ragazzi non conoscono il tessuto imprenditoriale locale – evidenzia Coltelli – e da questa mancata conoscenza spesso si genera il pregiudizio “qui non c’è niente” seguito dalla scelta, che a questo punto pare quasi obbligata, di andare via dall’Italia. A questo cerchiamo di sopperire attraverso l’organizzazione di vere e proprie visite aziendali o portando gli imprenditori a scuola a raccontare quella che è la propria realtà aziendale».
Anche sul concetto di fare impresa e su cosa sia/faccia un imprenditore esistono molti pregiudizi.
Ce lo chiarisce Luca Taddei, coordinatore dei programmi formativi e dello sviluppo dei progetti.
«In molti casi è lontana dai ragazzi l’idea che dietro un’impresa ci sia impegno, duro lavoro e sacrificio. Così come l’idea che la dimensione delle imprese possa essere anche piccola o media, cioè che non esistono solo i top manager e soprattutto che l’etica del lavoro e la responsabilità sociale devono essere centrali negli affari e nel successo, che se un’impresa vuole crescere e prosperare nel tempo bisogna sapere che deve essere supportata da valori e principi che prescindono dal business. Ecco, noi cerchiamo di veicolare tutto ciò attraverso i nostri progetti».
Quali sono?
«Dal 2012 portiamo avanti il progetto EYE – Ethics and Young Entrepreneurs. Si tratta di un programma di educazione all’etica del lavoro e all’imprenditorialità giovanile, attivo a Prato e a Firenze. Si rivolge agli studenti delle scuole superiori e mira a fornire le idee di base del “fare impresa” e promuovere delle competenze trasversali, le cosiddette soft skills. In questo modo i ragazzi vengono accompagnati nel progetto di avviare una start-up, diamo le gambe alla sua idea. Dal 2017 questo progetto diventa europeo e viene finanziato dal programma Erasmus+KA2. L’obiettivo è contribuire a diffondere la cultura imprenditoriale fondata sull’etica tra i giovani, attraverso il ruolo fondamentale della scuola, in una dimensione europea».
ARTES non si rivolge solo a chi si affaccia al mondo del lavoro, ma anche a imprenditori (giovani e meno giovani).
Il progetto “Artes et Ethica”, ad esempio è un percorso di formazione dedicato all’etica del lavoro, attivo dal 2008 e rivolto principalmente a giovani imprenditori, dirigenti e professionisti che vogliono nuovi strumenti con cui interpretare ed approfondire l’impatto etico delle decisioni e delle azioni intraprese.
«L’edizione di quest’anno di Artes et Ethica avrà al centro il concetto di bene comune – ci raccontano Coltelli e Taddei – la crisi determinata dal Covid ci ha reso ancora più evidente la necessità di cooperare, ovvero agire insieme, in vista di obiettivi condivisi.
Il “bene comune” in questo senso deve essere la bussola che orienta la ripartenza, in tutti i settori, ma in particolare in quello economico».
