La volontà dell’imprenditore di raccontarsi assume talvolta connotati e pieghe non sempre pienamente graditi dall’interlocutore
L’imprenditore, per sua natura, ha a cuore la propria azienda.
Quando ne parla cambia espressione e la pressione sanguigna gli si approssima ai valori massimi. Di tutto ciò l’interlocutore ne acquisisce tempestiva contezza ed altro non può fare che assentire e godere del magic moment narrativo.
Per alcuni versi si ha sempre qualcosa da imparare, non ultimo il senso di attaccamento e devozione che scaturisce dalla narrazione stessa.
Si può anche studiare e fare le opportune riflessioni su dove può arrivare la misura espositiva dell’imprenditore.
Intanto che il discorso va avanti e, potenzialmente, si rende sempre meno interessante ed originale, si ha tempo sufficiente per chiedere, solo a sé stessi, ovviamente: ma la narrazione riguarda l’azienda, o solamente l’imprenditore? Quanto ci si sta discostando dall’azienda per avvicinarsi ad un subliminale e focalizzato auto incensamento?
Sono tutte belle domande che, purtroppo, troppo spesso convergono verso la seconda ipotesi.
Poi, ad un certo punto, come se qualcuno ci schioccasse le dita vicino agli occhi, ci rendiamo conto di essere stati presi in ostaggio e, anche senza la richiesta del riscatto, si avverte il medesimo disagio. Scatta subito una controreazione e, facendo parlare malcelatamente il nostro corpo con gestualità ed aggiustamenti da manuale, ci si chiede quanto il discorso avrà il suo auspicabile epilogo e quanto profumo di incenso ci dovremmo ancora sorbettare.
E’ questo il trade off oltre il quale la sua disinvoltura, ed il suo attaccamento all’azienda diventa una vulnerabilità della quale l’interlocutore farebbe volentieri a meno e, forse, con la consapevolezza di poi, anche lo stesso imprenditore.
Questa scena ci trasporta allo Speaker’s corner di Hyde park a Londra. In quella situazione, almeno, l’interlocutore non è sempre lo stesso e il solo vedere differenti volti aiuta.
Non si vuole di certo demonizzare, o ridurre di significato, il racconto dell’impresa da parte del suo fondatore. Ci mancherebbe! E’ comprensibile che quando se ne parla affiorino tutti i sacrifici, i problemi risolti e tanti altri aspetti dei quali si è orgogliosi. Tuttavia, non bisogna dimenticare che lo sviluppo di un’azienda, il suo successo, non dipendono mai, o quasi mai, dal solo imprenditore: contesto, geografia, storia, occasioni, relazioni preziose e tanti altri elementi compendiano e supportano la indiscutibile capacità di chi ha gemmato un’azienda.
In questa situazione è interessante focalizzare il comportamento dell’interlocutore che, dopo un lasso di tempo, manifesterà segni di sfinimento che potremmo sintetizzare in chiave progressiva: cambio più frequente di postura, tentativo di andare su un altro discorso, accavallamento e scavallamento delle gambe, difficoltà di trattenere ancora a lungo le membra in simile posizione e, alla fine, visione di cosa farà e di come sarà bella la vita quando qualcuno avrà pagato il riscatto e verrà liberato dalle grinfie del logorroico imprenditore.
Inutile tentare di divincolarsi dalla stretta: quanto più ci si proverà tanto più il sadico imprenditore non tarderà a farlo pentire dell’insano gesto.
Insomma, abbiamo dato forse qualche pennellata goliardica di troppo ma era solo per focalizzare una situazione dove, probabilmente, ci siamo trovati in più di una occasione.
E’ veramente importante che l’imprenditore senta “sua” la propria creatura, ma è anche vero che non ci si deve abbandonare ad una visione troppo centripeta. In alcuni casi rappresenta uno status che gli stakeholders, specie quelli che contano, potrebbero interpretare come vulnerabilità, intendendo per tale:
- Difficoltà a far entrare nel progetto altre persone;
- Visione unica senza accoglimento di altre idee;
- Rischio di implosione;
generando una sorta di ideale trincea intorno all’azienda con alto grado di impenetrabilità. E questo, come possiamo bene intuire, non è positivo. Purtroppo questa situazione, in quanto ad effetti, rischia di emulare patologie come il diabete: si fanno danni nel frattempo senza potersene accorgere.
Ci si è resi conto che questa particolarità è strettamente correlata, se non direttamente proporzionale, all’età dell’imprenditore. Per questo motivo il passaggio generazionale potrebbe trovare luogo e costituire, oltre che ad una soluzione aziendale, una misura preventiva all’incedere sciamanico del nostro “matusalemmico” imprenditore.
Abbiamo un po’ scherzato, ne facciamo ammenda, tuttavia è importante che le relazioni imprenditoriali e sociali siano le più asciutte possibili, senza troppi corollari che, al giorno di oggi, non apportano valore né all’imprenditore né, tanto meno, all’impresa stessa.