L’imprenditore deve poter contare sulla disponibilità dei collaboratori per centrare gli obiettivi aziendali. In linea di massima, non può permettersi defezioni e non saper riconoscere i segnali
Nelle aziende, specie di piccole dimensioni, è sempre molto difficile analizzare le cause di potenziali insuccessi. Nella maggior parte dei casi l’imprenditore sviluppa un piano, delinea la sua fattibilità con le figure apicali e, se le prospettive danno ragione al disegno iniziale, lo mette in produzione.
In alcune situazioni ci si rende conto che quanto progettato non ha dato ragione e buona parte del progetto, e dei conseguenti auspicati risultati, si è spiaggiato o, peggio ancora, si è infranto sugli scogli della sua insostenibilità. Dopo una fase di scoraggiamento e delusione, assolutamente in linea con lo status “umano” dell’imprenditore, soccorre qualche altro sentimento molto meno arrendevole. A questo punto si deve chiedere: come mai è successo che non si è giunti all’obiettivo? Perché me ne accorgo solo alla fine? Cosa avrei potuto fare se ne avessi avuto prioritaria contezza?
E alla fine, dopo aver esaurito il politically correct, ecco la domanda delle domande: di chi è stata la colpa e con chi me la posso prendere? Tra i tanti dubbi che assillano l’imprenditore provo a fugarne uno: la colpa è dello stesso imprenditore e, di conseguenza, sappiamo con chi prendercela. Con ciò non vorrei di certo calamitare le ire di chi, quotidianamente, cerco di supportare con i miei pensieri ed il mio supporto professionale.
Tuttavia, resto fermo su quanto detto, perché è necessario avere un sistema gestionale in grado di monitorare costantemente qualsiasi attività svolta dall’impresa, specie se innovativa o, comunque, nuova rispetto a quanto già svolto. Un piccolo scricchiolio iniziale, se avvertito, può gettare il ponte a possibili tarature e orientamenti della stessa attività verso l’obiettivo finale. Probabilmente la vera e propria attività si svolge prima di partire, tra l’idea e la sua possibilità di manifestarsi.
È a quel punto che l’imprenditore deve necessariamente coinvolgere i suoi collaboratori e accertarsi che tutti siano a bordo, o meglio, per utilizzare un’espressione gradita in dottrina: che tutti siano dentro al cerchio. Per cerchio si intende un contesto, sia materiale che immateriale, nel quale più di un soggetto si riconosce, all’interno del quale lo scambio e la profusione di virtuose utilità, sono a vantaggio dello stesso e non del singolo partecipante.
L’imprenditore dovrà verificare che tutti i suoi collaboratori siano all’interno del cerchio, non potendosi permettere defezioni che non solo riducono la sua forza, ma ne contrastano lo sviluppo. Un’ulteriore sensibilità gli potrà essere utile per riconoscere, oltre a chi sta fuori e chi sta dentro, anche chi, stando dentro, pensa di essere fuori. Queste figure, che chiameremo “ingrigitori”, hanno la capacità di trasportare in bianco e nero tutto ciò che è a colori, di scaricare a terra tutte le aspettative e le ambizioni di un’azienda nel buon nome di non si sa bene cosa.
Non sono facilmente individuabili, data la loro vocazione camaleontica di trincerarsi negli angoli più oscuri, da dove è possibile criticare tutto senza essere additati. Questo costante e imperterrito operare, alla lunga, rischia di lacerare e sfilacciare il gruppo. In questi casi, la forza di gravità si fa sentire, incoraggiando allineamenti verso i comportamenti più bassi, meno nobili e rendendo difficile l’ascesa verso quelli più alti.
“L’ingrigitore” è una figura sconosciuta dalla dottrina, particolarmente vischiosa e non codificabile. È portato ad occultarsi e a emergere in modo imprevedibile, quasi come il percorso di un flusso d’acqua in un terreno carsico. La sua costanza lo porta a erodere tutto ciò che gli orbita intorno, mettendo a dura prova la buona fede e il buon senso dei malcapitati colleghi. La sua opera rischia di vanificare l’impegno di molti. Se si dovesse associare a una patologia direi che il paragone con il diabete sia il più calzante: è una malattia che non genera troppi alert fino a quando, purtroppo, non si giunge alla perdita degli arti o alla cecità.
Forse l’esempio risente di eccessiva plasticità. Tuttavia, rimanda alla riflessione sul da farsi: l’imprenditore si deve accertare, con il suo progetto e la sua narrazione, di aver portato a bordo tutti i collaboratori, ricercando il confronto per affrontare e definire le possibili smussature. La sua azione di controllo deve proseguire di pari passo con l’evoluzione del progetto. Solo in questo modo, almeno, avrà la coscienza a posto.
Non può in alcun modo permettersi di vedere inghiottiti i propri dipendenti dalle fauci del malcontento e del disimpegno. Ha bisogno di tutti per portare avanti il suo progetto, meglio se considerato non più e non solo uno sfizio personale, ma un vero e proprio target dal cui esito potrà dipendere il destino professionale ed emotivo di molti.
«Se vuoi andare veloce, corri da solo; se vuoi andare lontano, vai insieme a qualcuno» non è solo un proverbio africano che sottolinea l’importanza della collaborazione e del lavoro di squadra. È un vero e proprio must del quale tutti i componenti della azienda si dovranno informare.
Di Umberto Alunni
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